Pescara 26/11/2025
Antibiotico-resistenza, un approccio integrato per contrastare i batteri “insensibili” ai farmaci: il convegno di Arpa Abruzzo
La resistenza agli antibiotici, il fenomeno per cui i batteri mutano e diventano insensibili ai farmaci che vengono assunti per eliminarli, sta diventando uno dei fronti più delicati per la sanità pubblica, con ricadute dirette sulla qualità delle cure e sulla tenuta del sistema. Una criticità che impone risposte coordinate e un approccio capace di superare i confini delle singole discipline.
A questo tema è stato dedicato il corso di aggiornamento professionale articolato in due giornate, la prima a Pescara e la seconda, con identico impianto formativo, a Teramo, organizzato da Arpa Abruzzo nell’ambito della Settimana mondiale per la consapevolezza sull’antimicrobico-resistenza e della Giornata Europea degli Antibiotici. Il percorso rientra nelle azioni del Piano della Prevenzione 2021-2026 e ha coinvolto operatori sanitari e tecnici ambientali.
«L’Agenzia per la protezione ambientale e l’Istituto Zooprofilattico Abruzzo e Molise – dichiara il direttore generale di Arpa Abruzzo Maurizio Dionisio nel suo indirizzo di saluto – hanno lavorato insieme, con il coinvolgimento delle Asl, per affrontare la resistenza agli antibiotici in una prospettiva realmente integrata. Mettere in relazione salute umana, salute animale e ambiente consente di leggere il fenomeno nella sua complessità e di rafforzare gli strumenti di prevenzione. Questo corso nasce proprio con questo obiettivo: unire competenze diverse, valorizzare il contributo scientifico delle nostre strutture e offrire un percorso formativo di alto profilo tecnico».
La sessione di lavori mattutina è stata aperta da Paolo Fazii, Direttore della UOC di Microbiologia e Virologia Clinica della Asl di Pescara: «L’antimicrobico-resistenza è una problematica che oggi può essere affrontata soltanto in un’ottica One Health – ha affermato – perché richiede il contributo congiunto di medicina umana, veterinaria e ambiente. È essenziale comprendere a fondo la genesi delle resistenze per poterle contrastare in modo efficace, limitando l’impiego delle molecole più delicate ai contesti clinici che realmente lo richiedono ed evitando trattamenti antibiotici non necessari, come nelle forme lievi, ad esempio una faringite acuta. Allo stesso tempo, l’antibiogramma deve essere interpretato correttamente: non è un dato banale, e seguire criteri scientifici consente di individuare la terapia migliore per ogni situazione clinica».
È intervenuto poi il Prof. Tommaso Staniscia, ordinario di Igiene dell’Università “G. d’Annunzio”, che ha richiamato il ruolo strategico della prevenzione vaccinale: «Le vaccinazioni rappresentano uno degli strumenti più efficaci per contenere l’antimicrobico-resistenza, perché riducono l’uso inappropriato degli antibiotici e la circolazione dei microrganismi resistenti. Per questo è fondamentale aumentare le coperture vaccinali, soprattutto nelle categorie più esposte, così da prevenire le infezioni e limitare le prescrizioni non necessarie».
Nel complesso degli interventi è emersa l’esigenza di intensificare il coordinamento tra ambito clinico, veterinario e ambientale, migliorando strumenti diagnostici, appropriatezza terapeutica e sistemi di sorveglianza. Centrale, in questo quadro, la capacità di seguire le dinamiche di trasmissione nei diversi comparti, così da prevenire la diffusione dei microrganismi resistenti e intervenire in modo tempestivo.
Particolare attenzione è stata dedicata anche alle matrici ambientali, in particolare al comparto idrico. Pierpaolo Piccone, dirigente biologo di Arpa Abruzzo, ha sottolineato: «Le acque reflue rappresentano uno dei veicoli più rilevanti per la diffusione dei batteri resistenti, perché dopo la depurazione finiscono quasi sempre nei corsi d’acqua superficiali. Sappiamo da numerosi studi che, proprio in questi ambienti, i microrganismi possono scambiarsi geni di resistenza. Le analisi che abbiamo condotto sulle acque superficiali, confrontate con i dati provenienti dagli ospedali e dagli allevamenti zootecnici, hanno mostrato la presenza di batteri resistenti agli antibiotici in una percentuale inferiore al 10%, un dato che conferma la capacità dei batteri di scambiarsi geni di resistenza».
La sessione pomeridiana ha offerto un quadro più dettagliato dei legami tra antimicrobico-resistenza, produzioni alimentari e comparti ambientali. I relatori del Dipartimento di medicina veterinaria dell’Università di Teramo hanno illustrato come gli allevamenti, la fauna selvatica e gli ecosistemi marini possano contribuire alla diffusione delle resistenze e, allo stesso tempo, rappresentare strumenti di sorveglianza fondamentali.
La Prof.ssa Cristina Esmeralda Di Francesco ha evidenziato il ruolo dei diversi comparti zootecnici e della fauna selvatica nella circolazione dei batteri resistenti: «La medicina veterinaria – ha affermato nel corso del suo intervento – ha un ruolo centrale non solo nelle strategie di riduzione dell’uso degli antibiotici negli allevamenti, ma anche nel contenimento della contaminazione ambientale da batteri antibiotico-resistenti e geni di resistenza selezionati nel comparto animale. In questo quadro, la fauna selvatica rappresenta un prezioso indicatore, perché permette di studiare in modo efficace la presenza e la diffusione delle contaminazioni ambientali».
A chiudere la giornata, il Dott. Gianluigi Ferri, assegnista di ricerca in ispezione degli alimenti di origine animale dello stesso Dipartimento, che ha presentato i risultati delle attività condotte su produzioni animali, ambiente marino e industrie alimentari, con particolare riferimento alle dinamiche genomiche delle resistenze: «Le nostre attività di ricerca hanno evidenziato questo legame in diversi contesti: dagli allevamenti all’ambiente marino, fino alle industrie alimentari, dove esiste un vero e proprio ‘mondo sommerso’ genomico di resistenze. In uno studio condotto sulle acque reflue di uno stabilimento di macellazione, il primo in Italia, abbiamo rilevato forme di resistenza genetiche e fenotipiche sia in batteri commensali che patogeni, confermando quanto la componente ambientale sia decisiva ma troppo a lungo sottovalutata».