Ventuno casi di infezione autoctona da Dengue e sei da West Nile. Sono questi i dati aggiornati sul quadro epidemiologico delle Arbovirosi, malattie virali trasmesse da artropodi come zanzare e zecche, diffusi ieri nel corso dell’evento organizzato dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta) e rivolto al personale sanitario abruzzese dal titolo "Comunicazione e formazione su tematiche relative all’interconnessione ambiente-salute".
Il corso di formazione, che ha visto avvicendarsi docenti delle università abruzzesi specializzati in materie veterinarie e mediche, ha affrontato tematiche di grande attualità tra cui, oltre alla sorveglianza sanitaria dei virus West Nile e Dengue, la diffusione di infezioni e infestazioni zoonosiche (trasmesse tra animali ed esseri umani), in relazione ai cambiamenti climatici e ai mutamenti dell’epidemiologia degli artropodi vettori.
“Tutti i casi finora segnalati – ha spiegato Daniela Morelli, responsabile del Centro di Referenza Nazionale per le malattie esotiche degli animali (CESME), dell'Istituto Zooprofilattico – sono autoctoni, ovvero riscontrati in persone che non hanno lasciato il Paese nei 15 giorni precedenti l’esordio dei sintomi. Ciononostante – continua Morelli - le misure di protezione personale, unitamente alle misure di controllo dei vettori in tutta la regione, all’individuazione precoce dei casi e all'attuazione di misure preventive da parte dei cittadini per evitare il ristagno di acqua e la proliferazione e circolazione delle zanzare, sono in grado di favorire una riduzione del rischio di trasmissione del virus all’uomo e di tutelare la salute pubblica. Nodo cruciale – conclude la ricercatrice – saranno ovviamente le ricadute ambientali dei cambiamenti climatici, come l’aumento di temperature, l’umidità relativa e le precipitazioni intense alternate a periodi di siccità”.
Dello stesso tenore le parole di Angela Di Cesare, Professoressa in Parassitologia e Malattie Parassitarie degli animali presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell'Università degli Studi di Teramo. La docente ha posto l'accento sulle modalità di diffusione delle malattie trasmesse da artropodi, come flebotomi, zanzare e zecche, e su come la diffusione delle patologie trasmesse da questi ultimi sia strettamente legata ai cambiamenti climatici in atto. "Le malattie trasmesse dai vettori, come la leishmaniosi e la dirofilariosi sottocutanea, trasmesse rispettivamente da flebotomi e zanzare, stanno emergendo in nuove aree geografiche, a causa di fattori climatici favorevoli. I cambiamenti climatici - continua - contribuiscono a creare ambienti adatti alla sopravvivenza e alla diffusione dei vettori in aree dove non erano presenti in passato. Questo fenomeno – spiega la docente - ha ampliato e sta ampliando progressivamente l'areale di distribuzione dei vettori e, di conseguenza, delle malattie da essi trasmesse”. Di Cesare ha poi sottolineato “quanto sia importante la conoscenza approfondita della biologia degli artropodi vettori per fronteggiare la diffusione di queste malattie, sviluppare strategie di sorveglianza efficaci e adottare misure di controllo mirate”.
E di cambiamenti climatici ha parlato Giorgio Vignola, professore in Zootecnia speciale presso il dipartimento di Medicina veterinaria dell'Università degli studi di Teramo, che ha fatto il punto sull’attuale contesto, stimolando una riflessione sulle possibili scelte individuali per il futuro.
“Nello specifico – spiega il professor Vignola - è stata dimostrata l'importanza delle scelte alimentari nei comportamenti individuali per ridurre l'impronta ecologica e le emissioni di CO₂ equivalente. I prodotti di origine animale rispetto a quelli vegetali – continua il docente - determinano un maggiore impatto ambientale, ma la valutazione deve tenere conto anche delle specie e dei sistemi di allevamento. Le ricerche recenti mostrano che carni e i derivati dei ruminanti (bovini e ovicaprini) causano un impatto maggiore, principalmente a causa delle emissioni di metano, rispetto ai prodotti provenienti dai monogastrici (suini e pollame). Tuttavia, l'efficienza degli allevamenti e le tecnologie più avanzate, come quelle dell'agricoltura 4.0, possono ridurre significativamente le emissioni, permettendo un consumo più sostenibile di questi prodotti. In questo contesto – conclude Vignola - la dieta mediterranea emerge come modello alimentare che può contribuire in modo significativo alla mitigazione delle emissioni di gas serra, poiché bilancia l'uso di prodotti animali e vegetali, promuovendo un approccio consapevole e sostenibile alla nutrizione”.
Di nutrizione e dieta mediterranea, infine, ha parlato anche Mauro Serafini, professore ordinario di Scienze Tecniche e Dietetiche applicate presso l’Università degli studi di Teramo, che ha tracciato un filo rosso tra cambiamenti climatici, alimentazione, dieta mediterranea e longevità degli abruzzesi, evidenziando come questi elementi siano strettamente interconnessi. Il docente ha evidenziato, infatti, in uno studio pubblicato di recente, come “le abitudini alimentari di chi raggiunge i 90-100 anni siano in armonia con i ritmi naturali del corpo, con una colazione abbondante, un pranzo principale e una cena precoce. Questo schema alimentare con una finestra di 17 ore tra cena e pranzo – conclude il professor Serafini - ottimizza il metabolismo e riduce lo stress”.